Centoquattresimo Reparti d'Assalto.

Centoquattresimo Reparti d'Assalto.

lunedì 4 settembre 2017

Monte San Gabriele, 4 Settembre 1917

    
La regione del San Gabriele.



Il 29 agosto 1917 il nostro Comando Supremo ordina la sospensione delle operazioni sull’Altipiano della Bainsizza e dispone che un nuovo sforzo sia compiuto dalle truppe della 2^ Armata, contro le formidabili posizioni costituite dalle alture a nord-est di Gorizia.
   La Battaglia della Bainsizza, che s’era svolta ininterrottamente dal 18 agosto, per quanto ci avesse portato fino a oriente dell’altipiano, quasi a sporgere sulla Valle di Chiapovano, non aveva dato i risultati che c’era da aspettarsi. Caduto il Monte Santo, restavano purtuttavia nelle mani del nemico due potenti baluardi: il S. Gabriele e il S. Daniele, che da soli sbarravano la via della Valle del Frigido (Vipacco), attraverso la quale si sarebbe potuto far cadere tutto il sistema difensivo austriaco da Gorizia al mare.
   Per tali operazioni vengono concentrati, in pochi chilometri di fronte, circa 700 pezzi di artiglieria di vario calibro. L’azione viene affidata alle truppe del VI Corpo d’Armata. Gli attacchi si susseguono agli attacchi mentre violentissimi bombardamenti fanno ribollire la terra.
   Tutto è inutile: la resistenza nemica è incrollabile. Riuscito vano ogni tentativo, il comandante dell’armata vuol prendere il S. Gabriele con un assedio di fuoco che avvolga tutto il monte con una ininterrotta pioggia di proiettili affinché sia impossibile agli austriaci rifornirsi di viveri e truppe fresche. Per tre giorni consecutivi vengono sparati circa 15.000 colpi al giorno. Si inizia alla fine di un altro attacco che è ributtato sanguinosamente.
   Così il 29 agosto intere brigate s’erano andate frantumando, polverizzando, contro il formidabile baluardo.
   Una vera e propria ecatombe senza alcun risultato! Il valore delle truppe, la tenacia dei capi, non avevano potuto aver ragione delle difese e della resistenza nemica. Eppure bisogna passare: bisognava vincere, distruggere il sistema difensivo austriaco San Gabriele – Santa Caterina – San Marco per ottenere il cedimento di tutta la linea.
   Il Comando Supremo aveva dato ordini assai precisi: il S. Gabriele deve essere preso ad ogni costo!    Ma ad annullare gli ordini, c’è la solidità delle difese austriache: ogni nuovo assalto accatasta, fra le rocce del monte, cumuli enormi di cadaveri. Anche il tentativo compiuto da un battaglione di bersaglieri ciclisti, s’è risolto in una nuova strage.
  

 Le cose stanno a questo punto quando alle ore 1 del 2 settembre, il Ten. Campello, ufficiale d’ordinanza del comandante della 2^ Armata, chiama a Cormòns, sede del comando, il Colonnello Bassi.

   La rapidità e la bravura con la quale gli Arditi avevano svolta l’azione sulla Bainsizza, avevano fatto pensare al comandante dell’armata di valersi di essi per compiere un ultimo disperato tentativo. Il Generale accoglie il Bassi nel suo ufficio con queste parole: Gli Arditi debbono prendermi il S. Gabriele. Raggiunga questa notte stessa il comando del VI Corpo d’Armata al cui comandante è stata preannunciata la sua visita. Studi un piano d’attacco e lo sottoponga al mio esame entro questa sera.
   Il Colonnello la stessa notte del 2 si porta a Salcano e quindi al comando del VI Corpo ove giunge alle 3 del mattino. Alle prime luci dell’alba, accompagnato da una guida, inizia la sua ricognizione. Uno spettacolo impressionante si presenta ai suoi occhi. Mitragliatrici, fucili, bombe, biciclette, materiali di ogni genere abbandonati in quantità e disordinatamente sul terreno, carogne di muli carichi e cavalli insellati spaccati dalle cannonate; numerosi nostri caduti tuttora insepolti; barelle con feriti gravi che scendono, gli contrastano il cammino per raggiungere la prima linea. E oltre i divelti reticolati altri cadaveri italiani ed austriaci riuniti nel sacrificio supremo. Ed i vivi, consunti dalla lotta e dai digiuni, inebetiti dalle cannonate e dalla vicinanza dei compagni uccisi, i cui corpi fanno scudo alle offese, sfiduciati per i numerosi attacchi più volte tentati senza risultato, attendono la morte o una ferita come una liberazione.
   La ricognizione verso le ore 7 diviene difficile e pericolosa.
   Il Bassi si avvicina al settore del II Corpo d’Armata ove reparti dell’8^ Divisione stanno sviluppando un attacco contro le opposte posizioni austriache. La sua presenza nelle trincee e la visita ai vari comandi in linea, sollevano non poco gli animi. Ovunque gli si chiede quando verranno gli arditi. E quando il Bassi risponde con un arrivederci a presto sui volti emanciati dei fanti e dei capi appare, in segno di sollievo, un sorriso.
   Alle ore 14 il Colonnello rientra al comando del VI Corpo per raggiungerne poi l’osservatorio e completare così l’esame del terreno avversario.
   La profonda e formidabile sistemazione difensiva nemica del S. Gabriele si poggiava su due capisaldi avanzati: quello di Dol, e precisamente il fortino di quota 367, ricavato in roccia e l’altro di S. Caterina, fortino pur esso ricavato in roccia a quota 307. Il fortino di Dol aveva il dominio sull’importante nodo stradale omonimo mentre quello di S. Caterina controllava e dominava ogni provenienza da Salcano-Grazigna ed era inlotre la punta avanzata del retrostante caposaldo del S. Daniele, in parte apprestato a difesa. I due capisaldi erano costituiti su più ordini di trincee e di reticolati con numerose mitragliatrici, cannoni da trincea, lanciabombe protetti in caverna, le quali trincee erano collegate in modo da favorire il reciproco appoggio. Le trincee del fortino di Dol andavano ad unirsi a quelle del Veliki Hrib che a mezzo di camminamenti sotterranei, erano in comunicazione col caposaldo centrale: il S. Gabriele (quota 646), e questi a sua volta, con camminamenti profondi e mascherati, con il caposaldo di S. Caterina.
   Le visceri del S. Gabriele erano state trasformate in un vero alveare con numerose, profonde gallerie-dormitorio, capaci di ricoverare una brigata di fanteria, con i vari comandi e servizi, i depositi di munizioni e viveri nonché l’infermeria. Una vera fortezza sotterranea, illuminata a luce elettrica, con tutto il conforto per gli ufficiali e per la truppa.
   Innumerevoli mitragliatrici e numerosi cannoni da montagna, protetti in caverna, erano stati alloggiati in modo da poter battere tutto il settore avversario antistante alla quota. Le gallerie avevano una duplice uscita sul fronte ed ognuna di esse era opportunamente mascherata e difesa da reticolati e mitragliatrici ed era in comunicazione con le trincee a mezzo di camminamenti sotterranei.
   La difesa di questo munitissimo settore era stata affidata alla 57^ Divisione austriaca, le cui trupe erano a contatto con quelle della 58^ che guardavano il settore di S. Caterina fino al S. Marco escluso. Punto di contatto fra le due divisioni, la “Sorgente”. Le due divisioni formavano il XXIV Corpo d’Armata austriaco.
   A tergo della quadruplice zona difensiva del S. Gabriele non esistevano che alcuni elementi di trincea con pochi reticolati tra Zagorie e Ravnica. Altri elementi staccati con fuochi incrociati erano a difesa delle numerose artiglierie in batteria sul S. Daniele.
   Queste notizie sommarie erano state fornite in parte da un ufficiale datosi prigioniero la notte del 28 agosto e completate dalle osservazioni terrestri e dalle ricognizioni aeree.
   Un sistema difensivo quasi inespugnabile, in un terreno ripido, roccioso, rotto, intensamente battuto dal tiro delle mitragliatrici, delle artiglierie e dai getti dei lanciafiamme, ma, che nella sua stessa imponenza, conteneva gli elementi della sua vulnerabilità.
   La caduta del baluardo sarebbe stata determinata soltanto dallo stroncamento simultaneo dei tre organi principali i quali si sostenevano a vicenda per reciproco appoggio. Isolati i gangli vitali, si sarebbe prodotto in ciascuno di essi un immediato squilibrio nei mezzi di offesa con conseguente paralisi della manovra delle riserve bloccate nelle gallerie del caposaldo centrale.
   L’ordine di operazione seguì il predetto concetto di azione.
   Una colonna formata dal I Reparto d’Assalto (Capitano Radicati) travolto il caposaldo di Dol,
Il Capitano Radicati ed il Colonnello Bassi
doveva dilagare nella valle di Ravnica, occupare il paese omonimo e con simultanea manovra aggirante, conquistare il caposaldo del S. Gabriele. L’azione del I Reparto sarebbe stata appoggiata da una squadriglia di autoblindate per la rotabile Sella di Dol-Ravnica e da dieci apparecchi portatili lanciafiamme per facilitare il compito dell’espugnazione delle numerose caverne.

   Una seconda colonna formata dal II Reparto (Capitano Abbondanza) per la “Sorgente” – punto di congiunzione delle due divisioni austriache – rinforzata da cinque apparecchi lanciafiamme (ceduti dal I Reparto d’Assalto) espugnato con manovra aggirante il S. Caterina, doveva contemporaneamente puntare sul S. Daniele, conquistarlo, rafforzarvisi, prendendo collegamento con gli arditi del cap. Radicati che dall’osteria di Ravnica, per quota 395 e 391 avrebbero costituito dei centri di resistenza.
   Unità dell’8a Divisione (Settore del Gargaro – II Corpo d’Armata) dovevano puntare su Zagorie per premere sul rovescio del San. Gabriele e nel contempo garantire il fianco delle colonna Radicati e l’azione delle autoblindate. Indi prendere contatto con gli Arditi del I Reparto di Ravnica.
   La Brigata "Elba" (Col. Brig. Tisi) che doveva essere trasferita nel settore del VI Corpo d’Armata, ad obiettivi raggiunti, sotto la protezione dei due reparti d’assalto, doveva assumere sul terreno conquistato una dislocazione offensiva secondo le direttive del comandante del VI Corpo d’Armata. Due squadroni della Brigata di cavalleria Filippini dovevano dislocarsi nei pressi di Salcano per un eventuale tempestivo impiego su obiettivi che si fossero rivelati nel corso della battaglia.
   Soppresso il fuoco di preparazione, l’impiego dell’artiglieria e delle mitragliatrici in posto, delle sezioni someggiate e delle squadre mitraglieri d’assalto, doveva seguire i criteri già enunciati.
   Ora d’attacco: 4 del 4 settembre 1917.
 
   L’ordine d’operazione studiato dal Col. Bassi ed approvato dal Comandante d’Armata, venne trasmesso la notte del 2 settembre ai Comandi del II e VI Corpo per l’esecuzione. In detto ordine, oltre alle varie disposizioni per la fanteria in posto e quella di rincalzo, per il concorso delle artiglierie ecc. era specificato che le unità del II Corpo, incaricate dell’azione su Zagorie, sarebbero passate alle dirette dipendenze del col. Bassi per costituire con i due Reparti d’Assalto e la squadriglie autobindata la massa di rottura e di manovra.
   Il mattino del 3 settembre il Colonnello, subito dopo la sveglia, comunicò ai due comandanti di Reparto interessati l’ordine d’operazione e le disposizioni per l’esecuzione dell’ordine stesso, fra le quali il Bassi aveva prescritto che nel pomeriggio tutti gli ufficiali e i comandanti delle squadre d’assalto avrebbero raggiunto il settore del S. Gabriele per studiare sul posto l’ordine di operazione.
   La notizia diffusasi tra gli Arditi diede origine ad un’esplosione di gioia. Canti, grida di evviva, scoppi di petardi echeggiarono da un capo all’altrao del campo.
   Le richieste da parte di ufficiali, di coppie, di intere unità che avrebbero dovuto rimanere a Sdricca di essere aggregate ai reparti prescelti furono così numerose ed insistenti che il col. Bassi fu costretto a ricorrere alla solita minaccia di rinviare i richiedenti ai corpi di provenienza.
   Verso le ore 11,30 un motociclista del comando d’armata portava alla scuola di Sdricca il seguente fonogramma riservato a mano:
                                                                                                           Cormons, settembre 1917; ore 11
                                                                                                                             A mezzo motociclista
AL TEN. COL. G. A. BASSI
Scuola d’assalto                                                                                          SDRICCA DI MANZANO
 
2315 O.P.F. Metta a disposizione VI Corpo d’Armata tre compagnie d’assalto. Vostra Signoria divenuta insostituibile prosegua istruzione reparti. - Gen. CAPELLO
 
   Quale nuova circostanza era venuta a modificare gli ordini precedenti? Il colonnello salì in automobile e raggiunse Cormons dove non trovò il Comandante d’Armata che si era recato a Udine per conferire con il Generale Cadorna. Egli apprese dal Colonnello Brigadiere Egidi, Capo di S.M., che al mattino, in due successivi colloqui telefonici i gen. Montuori e Gatti, rispettivamente Comandanti del II e VI Corpo avevano insistentemente chiesto al Comandante d’Armata che l’onore della conquista del S. Gabriele fosse riservato alle loro truppe. Il Gen. Capello cedette alla decisa volontà dei due Generali a condizione che tre compagnie d’assalto precedessero le truppe dei due Corpi d’Armata.
   E’ facile comprendere come le due concezioni, quella del Bassi e quella dei Generali, fossero diametralmente opposte. Il primo voleva far agire truppe adeguatamente preparate, freschissime, snelle, seguite da elementi veloci (autoblindate e cavalleria) che avrebbero saputo sfruttare il sicuro successo: gli altri, per un malinteso quanto encomiabile spirito di corpo, intendevano ingaggiare una nuova battaglia proprio con quei reparti che combattendo valorosamentee giorno per giorno, avevano lasciato sul S. Gabriele gran parte dei loro effettivi e si presentavano perciò alla lotta logori e sfiduciati.
   Il Comandante d’Armata sorpreso ed entusiasta che dopo tanti cruenti combattimenti, le truppe in linea chiedessero l’onore della vittoria, scelse una via di mezzo, che non è sempre la migliore.
   Il concetto d’azione e le modalità d’esecuzione rimasero invariate. Le tre compagnie d’assalto avrebbero formato rispettivamente tre colonne d’attacco contro i tre capisaldi della sistemazione austriaca. Ad immediato appoggio di ciascuna colonna d’attacco, un battaglione del 213° Fanteria (Brigata "Arno", 11a Divisione, VI Corpo) ed un battaglione del 115° Fanteria (Brigata "Treviso", 8a Divisone, II Corpo).
   Non appena le tre colonne d’attacco avessero superato il monte per dilagare verso i rispettivi obiettivi, i tre battaglioni del 213° Fanteria dovevano raggiungere le pendici orientali del S. Daniele. Il battaglione del 115° fanteria, superato il fortino di Dol, doveva dilagare su Zagorie, per premere sul rovescio del S. Gabriele. La direzione dell’operazione venne affidata al Comandante dell’11a Divisione. Il comando effettivo dell’azione fu assunto, per le truppe del VI Corpo d’Armata, dal Comandante della Brigata Treviso, pure sul posto, per le truppe del II Corpo.
   L’ora d’attacco venne protratta alle ore 5,45 del 4 settembre. Il piano d’operazione era accompagnato da un indirizzo dei rispettivi Comandanti di Corpo d’Armata alle truppe dipendenti alle quali, con infiammate parole di incitamento, veniva comunicato che l’autorità superiore aveva concesso l’alto onore della conquista del baluardo.
   Alle ore 14 del 3 settembre le tre compagnie incaricate dell’operazione: 2a (ten. Crisanti), 3a (cap. Pedercini) e 4a complementi (ten. Stefanoni) del I reparto d’assalto con la sezione lanciafiamme (sottot. Aimè) composta da 15 apparecchi portatili, lasciano su autocarri la Scuola salutate dai canti e dagli evviva degli Arditi che rimangono a Sdricca.
Il Col. Bassi raggiunge le Fiamme Nere al ponte numero 13 di Salcano, quando esse, avendo già consumato il rancio, stanno procedendo ad una larga distribuzione di petardi offensivi e fumogeni.
Egli raduna i suoi uomini intorno a sé e da una tribuna improvvisata con due cassette di petardi, legge il fiero messaggio del comandante della 2a Armata:
 
   "Arditi!
   Ho serbato per voi l’impresa più audace e più grande della guerra. Andrete a ritrovare il nemico che vi conosce e vi teme. Sono sicuro che ritornerete, come dalle gloriose giornate della Bainsizza, vittoriosi. Affiderò al taglio dei vostri pugnali, alla forza del vostro braccio, all’insuperabile coraggio del vostro petto, un compito gigantesco. Voi conquisterete al nostro esercito e all’Italia, la montagna che sbarra alla nostra armata la via di Trieste; il baluardo da cui il secolare nemico guarda Gorizia e ne distrugge giorno per giorno, col suo ferro e col suo fuoco, sistematicamente, la bellezza e la vita.
   Il monte, sappiatelo fin d’ora, è inespugnabile. L’arte militare dei nostri avversari, coadiuvata dalla natura, ne ha fatto un vero capolavoro insuperabile di difesa. Contro di esso si sono provate le nostre brigate in offensive di cui la storia non registrerà mai più potenti, ma i loro sforzi superbi, il loro fulgido valore, il loro sublime sacrificio, si sono purtroppo infranti. A voi ora l’onore di vincere nel più periglioso cimento. Forse io vi chiedo l’impossibile. Ma so a chi mi rivolgo, so che nulla è insuperabile al vostro ardimento sovrumano, so che nessuna sapienza d’arte, nessun numero di nemici, nessuna potenza di difesa, nessun valore di eserciti, nessuna barriera, potranno resistere all’impeto vostro.
   Fra qualche giorno tutta l’Italia, i morti di tute le nostre guerre, i grandi di tutti i secoli guarderanno a voi. Io sono certo che dalla cresta del monte ritornerete vincitori o non tornerete più".
 
   Ci voleva anche meno per entusiasmare gli Arditi: un grido formidabile. Giuramento d’uomini decisi a vincere ad ogni costo, accoglie l’alto messaggio.
   Il Colonnello stringe la mano ad ogni ufficiale ed agli Arditi più vicini e lancia il grido di evviva il S. Gabriele, grido di sfida e certa vittoria. Le compagnie sfilano quindi davanti al loro creatore il quale è l’unico che in quel momento abbia una segreta, intima amarezza. Ne è causa l’ingiusta esclusione dalla battaglia o un vago presentimento sul risultato di essa?
 
    La dislocazione delle truppe per l’attacco, alle ore 3 del 4 settembre è la seguente:
  Obiettivi: Fortino di Dol-S. Gabriele.
   -3^ compagnia d’assalto (con 5 apparecchi lanciafiamme): rotabile Sella di Dol.
   -3° battaglione del 213° fanteria: nelle trincee di Sella di Dol.
   -2° battaglione del 115° fanteria: nelle trincee di Sella di Dol.
 
  Obiettivo: S. Gabriele.
  -2^ compagnia d’assalto (con 10 apparecchi lanciafiamme): a ridosso dei roccioni del S. Gabriele.
  -1° battaglione del 213° fanteria: nelle trincee di prima linea.
 
  Obiettivo: S. Caterina.
  -4^ compagnia d’assalto: nelle trincee di prima linea.
  -2° battaglione del 213° fanteria: nelle trincee di immediato rincalzo.
  Espugnati i tre capisaldi le colonne d’attacco dovevano raggiungere i seguenti obiettivi finali:
 
  -3^ compagnia d’assalto: Ravnica.
  -2° battaglione del 115° fanteria: Zagorie.
  -2^ e 4^ compagnia d’assalto: S. Daniele.
 
   L’artiglieria italiana, che per tutta la notte ha eseguiti i soliti tiri lontani sulle retrovie nemiche, pochi minuti prima dell’attacco investe col suo ferro e col suo fuoco il S. Gabriele. E’ qualche cosa di terribile!
   Alle 5,45 precise, sotto la traiettoria dei proiettili delle proprie mitragliatrici, le compagnie scattano all’assalto. Gli uomini, avvolti dalla vampe delle granate e delle bombe, avanzano in una linea sottile.    Tutti gli scoppi si confondono.
 
Il Ten. Farina e l'Aspirante Pulzella
  Pochi minuti passano: quanti bastano per superare di corsa veloce il tratto che seprara la nostra linea da quella nemica. Il Ten. Crisanti, ferito, è costretto a lasciare il comando della 2a compagnia, ed è sostituito dal ten. Farina.

   Superata la prima linea, occupata solo da qualche vedetta che viene sollecitamente eliminata con pochi ben aggiustati colpi di pugnale, gli Arditi procedono oltre e d’un balzo raggiungono la contesa cresta del monte, sulla quale la nostra artiglieria continua ancora a sparare. E poiché gli scoppi dei petardi si frammischiano con quelli delle granate, gli austriaci, che credono ancora di essere nella fase preparatoria, si trovano improvvisamente, come era stato previsto, davanti agli Arditi, nella impossibilità assoluta di difendersi.
   Ma poco dopo l’allarme è dato. Si sa che il monte è forato da caverne con numerose uscite e si sa pure che gli austriaci vi si nascondono per compiere poi delle improvvise sortite alle spalle degli assalitori. Gli arditi, in piccoli gruppi, bloccano tutte le caverne e con le bombe e i lanciafiamme, costringono il nemico alla resa. Non c’è pietà per nessuno. Chi non alza subito le braccia, viene pugnalato senza esitazione, ché ogni incertezza è in questo momento pericolosissima.
   Alle 6,30 il S. Gabriele cade in mano degli Arditi ed il comandante della 2^ compagnia issa sul monte la nostra bandiera. L’aiutante di battaglia Amilcare Corsetti, in mancanza di un’asta, fornisce all’ufficiale un fucile austriaco sul quale viene legato il drappo.
   Si dice che S.M. il Re, i Generali Cadorna e Capello, i componenti le missioni militari francesi e inglesi, e i giornalisti Barzini e Piva seguendo l’azione dal Sabotino, osservatorio del VI Corpo d’Armata, non riuscissero a nascondere la commozione che li invase nell’assistere alla magnifica lotta degli Arditi. Mai, sino ad allora, essi avevano visto un assalto del genere!
   A sinistra intanto, la 3^ compagnia si spinge avanti assalendo il fortino di Dol e annienta, in una mischia a corpo a corpo, il presidio austriaco. Una corvè nemica catturata in marcia verso la prima linea, offre ai vincitori il caffè. Ora gli Arditi dilagano verso la rotabile di Ravnica.
   Un plotone della 4^ è impegnato frontalmente contro le difese del S. Caterina, mentre il resto della compagnia inizia l’aggiramento del caposaldo stesso.
   La lotta si estende per tutto il monte: la 2^ compagnia, debellate le ultime resistenze, discende velocemente le pendici del S. Gabriele e si butta verso il San Daniele, assalendo un ultimo trincerone scarsamente difeso. Alcune squadre della compagnia si occupano del rastrellamento del terreno. In alcune caverne, truppe numerose di austriaci ancora resistono. La lotta si frantuma, ogni ricovero diventa un fortilizio da espugnare, perché gli austriaci rispondono vivacemente e si battono con grande valore. L’Ardito Colacci, già mutilato di due dita, viene in un corpo a corpo con il Generale Hon, Comandante la 4^ Brigata di Fanteria austriaca, ma il pugnale dell’italiano è più veloce della pistola del tedesco, che paga con la vita il suo ardimento. Il Colacci, fatto il bel colpo sta per ritornare tra i suoi, quando si imbatte in due ufficiali del comando di brigata. Per quanto già ferito alla spalla ed al fianco da due colpi di rivoltella del generale, egli si abbatte come un ariete sui due, scaraventandoli a terra tramortiti. D’un balzo li disarma. Gli ufficiali docili, ad un cenno di precederlo, si rialzano e ubbidiscono, attoniti di fronte a tanta audacia.
   Questa volta la partita per gli austriaci è perduta. Inebetiti dal bombardamento, terrorizzati dai lanciafiamme che procurano una morte atroce, estenuati dalla lotta, essi si arrendono al più forte. Lunghe colonne di prigionieri s’incamminano verso le nostre linee scortate da alcuni Arditi feriti.
 
   Intanto anche l’ultimo trincerone nemico viene occupato e sistemato a difesa. La fanteria non segue ed occorre arrestarsi.
   Cos’è accaduto?
   I battaglioni di fanteria che avrebbero dovuto immediatamente rincalzare gli Arditi ed occupare le posizioni raggiunte per dar modo alle Fiamme Nere di proseguire nell’azione si sono attardati nelle nostre linee di partenza. Non abituati al modo di combattere degli Arditi i comadanti dei battaglioni sono rimasti essi stessi sorpresi della rapidità dell’azione e non hanno seguito le Fiamme Nere con la necessaria celerità. Quando i fanti iniziano l’avanzata è troppo tardi.
   Infatti gli austriaci, appena si accorgono che il monte è perduto, aprono un violento bombardamento che partendo dalle nostre trincee s’irragia per tutto il monte. Essi non si preoccupano neppure delle colonne di prigionieri, che vengono colpite in pieno. Il tiro si fa sempre più intenso, terribile, e non c’è metro che non sia battuto. I rincalzi ormai non si possono più muovere. Le Fiamme Nere restano sole!
   I morti sono stati numerosi e così pure i feriti. Gli Arditi che hanno assalito la cresta hanno catturato migliaia di prigionieri che è stato giocoforza scortare sia pure con i feriti leggeri. A difesa del S. Gabriele, appena occupato, restano quindi pochi uomini che l’entusiasmo della vittoria, la ferocia della lotta hanno trasformato in leoni.
   Ogni tentativo di collegamento con la fanteria riesce infruttuoso. I portaordini non tornano. Ma gli Arditi non tremano: raccolgono armi e munizioni e si preparano a resistere. Soli!
   Alle 10 il nemico sferra un primo attacco. Sono due battaglioni almeno, che si spingono sotto in formazioni serrate. L’unica mitragliatrice nostra fa strage. Gli austriaci avanzano sempre: a trenta metri li investe una scarica di bombe. Dapprima resistono con eroismo e stoicismo sublimi ma poi, ridotti a pochi uomini, si ritirano disordinatamente, lasciando sul terreno centinaia di morti e di feriti.
   Cessato l’attacco, ricomincia il bombardamento. Poi improvvisamente tutto tace: solo continua, insistente, violento, il tiro sulle nostre trincee di partenza.
   Il monte S. Gabriele è nostro!
   La notizia, come in un baleno, si propaga di trincea in trincea.
   A mezzogiorno, S.M. il Re lascia l’osservatorio, esperimento al Col. Bassi il suo compiacimento per lo svolgimento dell’azione.
   A quell’ora la situazione delle tre compagnie è la seguente:
   la 3^ compagnia ha raggiunto la rotabile di Ravnica;
   la 2^ compagnia è in posizione sulle prime pendici del S. Daniele;
   la 4^ compagnia continua con difficoltà l’aggiramento del S. Caterina.
   Intanto nelle trincee conquistate gli Arditi sorvegliano.
   Profittando del terreno assai roccioso, gli austriaci inviano grossi pattuglioni con lo scopo di portarsi alle spalle dei difensori. L’operazione ha molte probabilità di riuscita perché gli Arditi sono distesi su un fronte vastissimo. Ma l’occhio vigile dei nostri uomini sventa ogni manovra e i pattuglioni vengono ad uno ad uno circondati e catturati. Lo sforzo maggiore del nemico è rivolto contro le posizioni tenute dalle Fiamme Nere della 2a compagnia.
   Piccole, brevi lotte, che si risolvono sempre a nostro favore. In una di queste, muore l’aspirante Pulzella, colpito in fronte.
   Alle ore 14 preceduto da un brevissimo tiro d’artiglieria, s’inizia un nuovo attacco austriaco. Si vedono i reparti nemici scendere dal S. Daniele e inerpicarsi su per il monte. Sono non meno di cinque battaglioni, i nostri armati di moschetto, sparano maledettamente: la mitragliatrice canta.
   Anche gli Arditi feriti sono in linea: essi che erano di guardia ad alcuni prigionieri austriaci, raccolti in una caverna, se ne liberano e partecipano alla difesa. Il nemico rallenta, tentenna, s’arresta, fugge.
   E’ tempo. Mancano le munizioni, la mitragliatrice non ha più proiettili; restano poche bombe, ultima difesa per ogni evenienza. E’ proibito adoperarle senza un preciso ordine. Si svuotano le giberne ai morti: si rastrellano le caverne vicine. Due cassette di bombe austriache sono salutate con gioia.
   L’attacco austriaco ricomincia: non è una mezz’ora che è finito l’altro. Letteralmente decimati. Gli austriaci raggiungono fin quasi la linea. A pochi metri sono arrestati dalle bombe. Nel contrattacco cade gravemente ferito il comandante della 2^ compagnia, che resta così senza ufficiali.
   Gli Arditi sono ridotti a poche decine, esauriti dalla lunga lotta.
   Ad un nuovo attacco austriaco, che si sviluppa in forze verso le 16, essi lasciano combattendo il trincerone, troppo lungo per essere difeso da pochi uomini e si ritirano nel fortino sulla cresta del monte. Colà il nemico viene nuovamente respinto e per sempre.
   A sera la nuova fronte corre dalla strada di Ravnica alle pendici orientali del S.Gabriele per volgere poi decisamente ad occidente del caposaldo di S.Caterina.
   Alle ore 19 questa linea viene data in consegna alla fanteria.
   3127 prigionieri, tra i quali un generale ferito e due colonnelli, 55 mitragliatrici, 26 cannoni da trincea e numerosi lanciabombe, costituiscono il bottino di guerra conquistato da 475 Fiamme Nere, il totale della forza delle tre compagnie impiegate in questa azione.
   Ma centinaia di altri austriaci, che non vollero arrendersi, rimasero nelle caverne trafitti dai pugnali degli Arditi del I Reparto d’Assalto. A guardia d’onore dei valorosi nemici montarono le anime eroiche del ten. Stefanoni, dell’aspirante Pulzella e di 59 Arditi.
 
   Il Comandante della 2^ Armata così ha scritto sulla azione del San Gabriele nelle sue "Note di Guerra" (vol.2 pag.131):
   Unico mezzo per raggiungere lo scopo era trattenere contemporaneamente nel settore del S. Gabriele l'attenzione del nemico e costringerlo ad impegnarvi tutte le forze disponibili. Inoltre l'occupazione della Bainsizza, del M.Santo e della Conca di Britof, aveva fatto sorgere la necessità del libero uso delle strade di fondo valle Isonzo e della Sella di Dol, uso che evidentemente non poteva essere assicurato se non dal possesso del S.Gabriele.
   E d'altronde la risoluzione del problema logistico anche nei riguardi della preparazione della nuova offensiva, i cui termini erano brevissimi, non ammetteva dilazioni.
   Aggiungasi che chiari ed espliciti erano gli ordini del Comando Supremo circa gli obiettivi dell'azione che con ordine 29 agosto era indetta per la metà di settembre: "Includo, come è ovvio, nel blocco il monte S.Gabriele e il monte S.Daniele e soggiungo che all'espugnazione dell'intero anfiteatro dovranno esser rivolte tutte le energie offensive dell'Armata".
   Perciò l'azione di S.Gabriele, non solo rispondeva a necessità immediate, ma era strettamente armonizzata all'azione generale di prossima attuazione, era anzi in relazione naturale e logica col nuovo piano d'azione adottato dal Comando Supremo per la nuova offensiva.
   Così nella prima decade di settembre, mentre le truppe che avevano conquistati l'altopiano della Bainsizza si rafforzavano sulle posizioni raggiunte, continua l'azione offensiva sul S.Gabriele.
   L'attacco era preparato col carattere della sorpresa.
   E infatti il "Primo Reparto d'Assalto" compì brillantemente il compito che gli era stato affidato. Quel manipolo di Arditi valorosissimi si gettò con impeto travolgente sul nemico ed occupò di slancio il S.Gabriele.
   Il presidio nemico fu sgominato e distrutto. tutti gli austriaci che scamparono alla morte furono fatti prigionieri, compreso il comandante. Né si arrestarono i valorosi: si spinsero avanti e raggiunsero anche il monte San Daniele! Ma purtroppo i reparti di rincalzo, che avrebbero dovuto raggiungere la posizione conquistata e tenerla, non avanzarono in tempo, mancò loro lo slancio, mancò loro la decisione.
   Slancio e decisione che erano virtù precipue dei Reparti d'Assalto.
   Così si svolse quella che non a torto venne definite come una delle più belle ed epiche battaglie della nostra guerra. Battaglia che tutti gli Arditi, senza distinzione, considerano come il loro capolavoro. Eppure il Reparto non ebbe neanche l'onore della citazione sul bollettino di guerra.
   La relazione del Col. Bassi sulla battaglia del S.Gabriele trasmessa il 6 settembre al Comando d’Armata, chiudeva con le seguenti considerazioni:
   Per la prima volta le truppe d’assalto furono incaricate di aprire la strada alla fanteria che, mantenendosi aderente agli assalitori, doveva seguire la loro scia.
   L’esperimento ha dato dei risultati poco soddisfacenti, si è snaturato l’impiego delle truppe d’assalto.
   I fanti della Brigata "Arno" iniziarono l’avanzata fuori di tempo, mancò lo slancio, la decisione che avrebbero in parte mitigato le conseguenze dell’errore iniziale. Tuttavia bisogna riconoscere che la fanteria fu sorpresa, come gli stessi austriaci, dal balzo fulmineo col quale gli Arditi superarono il S. Gabriele, sorpresa che determinò la perplessità del momento in cui i fanti dovevano lanciarsi dalle trincee.
   La scelta del momento dello scatto della fanteria in appoggio a truppe d’assalto non è facile; un errore di calcolo può dare luogo a due inconvenienti irrimediabili.
   Se lo scatto è prematuro, la fanteria, coinvolta nella prima fase dell’assalto, la più importante, verrà ad intralciare la gloriosa fatica degli assaltatori per quell’inevitabile, tumultuario frammischiamento che ingenera ogni attacco pletorico.
   Se lo scatto è ritardato, l’appoggio della fanteria è annullato frustrando il successo definitivo.
   Ma nell’ipotesi che l’appoggio dei fanti avesse seguito il corso previsto, si sarebbero raggiunti gli obiettivi prestabiliti? Non lo credo: il modo di combattere delle truppe d’assalto è in antitesi con la rigidità della fanteria.
   Se codesto Comando intende di ritentare l’esperimento, sarebbe opportuno che l’unità di fanteria incaricata dell’appoggio, presenziasse almeno ad un’esercitazione d’insieme a fuoco alla Scuola d’assalto in modo che ufficiali e truppa, dall’esperimento pratico ritraggano gli ammaestramenti sulle modalità necessarie per seguire la scia degli assalitori.
   Tali modalità, a mio modo di vedere, si risolverebbero in un’avanzata a sbalzi di compagnia, effettuati subito dopo lo scatto degli assaltatori, e di un’ampiezza tale da mettersi sotto l’arco del tiro d’interdizione della artiglieria nemica. Per proseguire a sbalzi nella successione dell’attacco, fino ad innesto con le truppe d’assalto.
   Mi auguro però che codesto Comando, vagliate le ragioni suesposte e le difficoltà di varia natura che si presentano nell’impiego della fanteria in appoggio a truppe d’assalto, vorrà riprendere in benevolo esame il mio criterio già esposto a S.E. il Comandante d’Armata e cioè che i Reparti d’Assalto dovrebbero costituire il mezzo a disposizione del Comandante di un’Armata per intervenire con un’azione personale prima, durante, dopo l’esecuzione del piano strategico in un determinato settore d’azione. Con forze, mezzi e compiti determinati dal Comandante d’Armata, con modalità d’esecuzione stabiliti dal comandante la grande unità nel cui settore si compie l’azione.
   Questo criterio fu seguito nei successivi impieghi delle truppe d'assalto della 2^ Armata, fino alla battaglia di Caporetto.
 
Da Salvatore Farina - LE TRUPPE D'ASSALTO ITALIANE, 1938.